Tam stilla quam lagoena


Lacrima di Morro d'Alba Lucchetti 2011, degustazione del socio Giovanni Bataloni

05.12.2012 20:48

Sabato e si "riede alla parca mensa", previa breve sosta per acquistare il vino che allieterà il desco della famigliola. Un'etichetta dalla grafica sobria ma non priva di eleganza, che unisce il fascino della modernità con il richiamo a origini antiche e nobili attira la mia attenzione. Dopo un'occhiata al prezzo, ma senza pensarci troppo, afferro la bottiglia deciso: proverò questo vino di cui da tempo sento parlare, Lacrima di Morro d'Alba. Distratto dal nome e dall'etichetta non l'avevo notato all'acquisto, ma si tratta di una bottiglia giovane, 2011. All'inizio sono un po' deluso e sto per desistere, ma poi penso che se la giovinezza è l'età delle promesse, è però anche piena di sorprese e siccome ora non sono tanto paziente per le prime quanto stuzzicato dalle ultime stappo e verso. All'occhio un colore rosso scuro profondo, bene. Tuffo il naso nel calice: profumo di buono, di... morbido. Pian piano altri sentori si fanno strada con più chiarezza, ma la fantasia corre. Cerco di rimanere lucido, ma poi mi dico: "ma che importa, non ho né la preparazione né il naso dell'enologo!" e mi lascio andare. L'immaginazione vola al centro Italia, ai colli marchigiani; la fantasia non si nutre di ricordi da diapositiva delle vacanze, piuttosto di luoghi dello spirito, dello spirito unico del grande bon-vivant Rossini, della poesia del cielo dove si inseguono gli uccelli in volo d'in su la vetta della torre antica... Assaggio: al palato non sento alcuna aggressione, ravviso piuttosto la carezza che già avevo apprezzato nel "rosso conero", ma altre sensazioni si insinuano lentamente. La carezza al palato persiste e quasi "siepe che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude", mi scatena ancora la fantasia. Gli alberi autunnali infiammano di rosso e di giallo le strade di una campagna dal verde intenso, mi avvolgono diversi profumi. Legna che arde e il fumo si spande dai comignoli del borgo, ancora la campagna e un mazzolin di rose e di viole, le morte stagioni, e la presente e viva e il suon di lei col sapore di castagne dolci. Mentre sto per naufragare dolcemente, d'un tratto quel morbido calore si carica di freschezza, di novità, come un giorno d'allegrezza pieno, chiaro e sereno. Riapro gli occhi mentre la carezza arriva alla gola e scende a scaldare i precordi. In bocca rimane come un leggero stordimento delle papille, quel momento di oblìo che è inevitabile condizione della felicità.

Non c'è dubbio, amo le sorprese della giovinezza, ho fatto bene a stappare.

Godi fanciullo mio; stato soave, stagion lieta è cotesta!

 

(Lacrima di Morro d'Alba Lucchetti - 2011)

 

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